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Cenni storici sull'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena

Lontane e sconosciute sono le origini dell'aceto balsamico. Ai tempi dell'Antica Roma tra le varie salse che arricchivano le vivande vi era il defrutum. Nelle Georgiche di Publio Virgilio Marone troviamo riferimenti ad un procedimento di cottura del mosto, molto diffuso nel territorio modenese, dal quale si otteneva un condimento molto apprezzato in cucina di nome defrutum, sapa o caraenum a seconda della concentrazione. Il defrutum veniva usato per dolcificare il vino, ma era anche ampiamente usato per la preparazione di pietanze a base di carne sia singolarmente (conferendo all'alimento un leggero sapore agrodolce) sia associato ad altri condimenti.

Proseguendo il cammino storico, ritroviamo tracce dell'aceto balsamico nel Medioevo. Nell'anno 1046 il monaco benedettino Donizone racconta, nella sua cronaca "Vita Mathildis", che Enrico III ° di Franconia, in viaggio verso Roma per essere incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero dal pontefice Clemente II °, fece sosta a Piacenza e in quella occasione mandò un messaggero al potente signore di Reggio Emilia Bonifacio di Canossa (padre di Matilde), per chiedergli in omaggio un po' di quell' aceto speciale prodotto a Canossa, di cui aveva tanto sentito parlare. Bonifacio inorgoglito dalla richiesta di Enrico III °, gli fece dono di una botticella in argento contenente il prezioso aceto. Per trovare tracce più consistenti dell'aceto balsamico nella storia, dobbiamo arrivare al XVI secolo quando si comincia ad apprezzare di più il sapore agrodolce, tipico dei condimenti balsamici prodotti dalle acetaie modenesi. L'aceto diventa così un prodotto raffinato e costoso, rinomato presso le corti di tutta Europa.

Alla fine del XVI secolo le sorti degli aceti modenesi si legarono strettamente con quelle degli Estensi, che in quel periodo presero possesso del ducato di Modena. Gli Estensi apprezzarono e fecero propria la consuetudine e tradizione dei loro sudditi, di produrre l'aceto balsamico, tanto che presso il Palazzo Ducale vi era un'acetaia di 36 barili, nella camera del prato, situata in una delle torri del palazzo.

Si narra che il duca Francesco IV di Modena viaggiasse sempre con un cofanetto del prezioso liquido, usato come conforto per la sua cagionevole salute. Infatti l'aggettivo "balsamico" si riferiva proprio alle proprietà  medicinali inizialmente attribuite all'aceto. Nel 1508, Lucrezia Borgia ricorse alle sue proprietà  terapeutiche in occasione del parto nel quale diede alla luce il figlio Ercole II a Ferrara.

Durante la peste del 1630 l'aceto venne usato per preservarsi dal contagio facendo con esso dei gargarismi, delle abluzioni, oppure come rimedio contro l'aria infetta, lasciandone cadere alcune gocce sulle braci del camino.

La tradizione popolare attribuisce all'aceto balsamico anche altre virtù come per esempio quella di essere afrodisiaco. Pare che per questa sua virtù l'aceto balsamico venisse utilizzato da Isabella di Gonzaga e sembra che più tardi anche Giacomo Casanova ne apprezzasse i magici effetti.